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In questa sezione è possibile trovare la normativa che riguarda la matrice ambientale radiazioni e rumore:

Radiazioni

La normativa nazionale e regionale inerente alla tutela della popolazione dagli effetti dei campi elettromagnetici, disciplina separatamente le basse frequenze (elettrodotti) e alte frequenze (impianti radiotelevisivi, ponti radio, Stazioni Radio Base per la telefonia mobile ecc).

Frequenze radio (RF) 

Campi di frequenza estremamente bassa ELF

  • LQ 36/2001
  • DPCM 08/07/2003
  • DM 29/05/2008 “Approvazione della  metodologia di calcolo per la determinazione delle fasce di rispetto degli elettrodotti”
  • DM 29/05/2008 “Approvazione delle procedure di misura e valutazione dell’induzione magnetica”

Normativa Comunitaria

  • Raccomandazione Europea 90/143/Euratom. Raccomandazione della Commissione, del 21 febbraio 1990, sulla tutela della popolazione contro l’esposizione al radon in ambienti chiusi
  • Direttiva Europea 2013/59/Euratom del Consiglio del 5 dicembre 2013 che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom

Normativa Nazionale

  • Decreto Legislativo n. 230/95 e s.m.i.. Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti, 2009/71/Euratom in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari e 2011/70/Euratom in materia di gestione sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi derivanti da attività civili
  • D.Lgs 9 maggio 2001 n. 257
  • DPCM del 19 marzo 2010 "Piano nazionale delle misure protettive contro le emergenze radiologiche".
  • REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 297/2011 DELLA COMMISSIONE del 25 marzo 2011 che impone condizioni speciali per l´importazione di alimenti per animali e prodotti alimentari originari del Giappone o da esso provenienti, a seguito dell´incidente alla centrale nucleare di Fukushima.
  • Decreto Legislativo n° 241 del 26 maggio 2000, “In materia di radiazioni ionizzanti“, che recepisce le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom, e che ha modificato i precedenti decreti 230/95 e 187/00.
  • Linee guida ed indirizzi metodologi ISPRA - Implementazione di un sistema nazionale di monitoraggio della radioattività ambientale

Documentazione:

 

Rumore o onda meccanica

Il rumore è una onda meccanica generata dalla variazione di pressione che si propaga nello spazio e nel tempo all’interno di un mezzo solido, liquido o gassoso. La presenza di un fluido o di un mezzo solido garantisce la propagazione di una onda meccanica. Le onde meccaniche non si propagano nel vuoto. L’intensità di un’onda meccanica si esprime comunemente in dB che non è una unità di misura ma un suffisso matematico che consente di sganciare una grandezza fisica dalla sua originale unità di misura e renderla adimensionale. Per esempio per esprime la pressione sonora in cui la P0 è la pressione di riferimento in genere 20µPa si ha che:

1 dB=20 log10 [Ps/P0]

(Legge 447/95 art. 2 comma a)

Le sorgenti

Le sorgenti di rumore nell’ambiente urbano sono innumerevoli e, in ordine di importanza e incidenza, vengono così classificate:

  1. traffico;
  2. impianti industriali e artigianali;
  3. discoteche, spettacoli e pubblici esercizi;
  4. attività e fonti in ambiente abitativo.

Rumore e salute

Gli effetti nocivi sull’uomo causati dall’esposizione al rumore variano in base alle caratteristiche fisiche del fenomeno, ai tempi e alle modalità di manifestazione dell’evento acustico e alla specifica sensibilità del soggetto esposto.

Gli effetti vengono così classificati:

  1. effetti di danno, alterazioni non reversibili o non completamente reversibili, oggettivabili dal punto di vista clinico e/o anatomopatologico;
  2. effetti di disturbo, alterazioni temporanee delle condizioni psicofisiche del soggetto e che siano chiaramente oggettivabili, determinando effetti fisiopatologici ben definiti;
  3. sensazione di disturbo e fastidio genericamente intesa

Normativa comunitaria

Normativa nazionale

  • DPCM 1° marzo 1991 – Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno.
  • D. Lgs. 15 agosto 1991 n.277 – Attuazione delle direttive n.80/1107/CEE, n. 82/605/CEE,n.86/188/CEE e n.88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell’art.7 legge 30 luglio 1990, n.212.
  • La legge quadro 447 del 26/10/95
  • DMA 11/12/96"Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo".
  • DPCM 18/9/97"Determinazione dei requisiti delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante".
  • DMA 31/10/97"Metodologia di misura del rumore aeroportuale".
  • DPCM 14/11/97"Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore".
  • DPCM 5/12/97"Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici".
  • DPR 11/12/97 n. 496 "Regolamento recante norme per la riduzione dell’inquinamento acustico prodotto dagli aeromobili civili".
  • DMA 16/3/98"Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico".
  • DPCM 31/3/98"Atto di indirizzo e coordinamento recante criteri generali per l’esercizio dell’attività di tecnico competente in acustica.
  • DPR 18 novembre 1998 n.459 – Regolamento recante norme di esecuzione dell’articolo 11 della legge del 26 ottobre 1995, n.447, in materia di inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario.
  • Legge 9 dicembre 1998 n.426 – Nuovi interventi in materia ambientale.
  • DPR n. 459 -18 Novembre 1998 - Regolamento recante norme di esecuzione dell'articolo 11 della legge 26 ottobre 1995, n. 447, in materia di inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario.
  • DPCM 16 aprile 1999 n.215 - Regolamento recante norme per la determinazione dei requisiti acustici delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante e di pubblico spettacolo e nei pubblici esercizi.
  • Decreto 20 maggio 1999 - Criteri per la progettazione dei sistemi di monitoraggio per il controllo dei livelli di inquinamento acustico in prossimita' degli aeroporti nonché criteri per la classificazione degli aeroporti in relazione al livello di inquinamento acustico.
  • DPR 3 aprile 2001 n. 304 – Regolamento recante disciplina delle emissioni sonore prodotte nello svolgimento delle attività motoristiche, a norma dell’art. 11 della Legge del 26 ottobre 1995, n.447.
  • DPCM 16 aprile 1999 n.215 – Regolamento recante norme per la determinazione dei requisiti acustici delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante e di pubblico spettacolo e nei pubblici esercizi.
  • DM 29 novembre 2000 – Criteri per la predisposizione, da parte delle società e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore.
  • Legge 31 luglio 2002 n. 179 – Disposizioni in materia ambientale.
  • D. Lgs. 4 settembre 2002 n.262 – Attuazione della direttiva 2000/14/CE concernente l’emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all’aperto.
  • DPR 30/03/2004 n. 142 " Disposizioni per il contenimento e la prevenzione dell'inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare, a norma dell'articolo 11 della legge 26 ottobre 1995, n. 447".
  • Circolare 6 Settembre 2004 - Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. Interpretazione in materia di inquinamento acustico: criterio differenziale e applicabilità dei valori limite differenziali. (GU n. 217 del 15-9-2004).
  • D. Lgs. 17 gennaio 2005 n.13 – Attuazione della direttiva 2002/30/CE relativa all’introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti comunitari.
  • D. Lgs. 19 agosto 2005 n.194 – Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale.

Normativa regionale

  • LR 34/2009 - Norme in materia di inquinamento acustico per la tutela dell’ambiente della Regione Calabria

 

Inquinamento luminoso

L’inquinamento luminoso è definito come l’introduzione diretta o indiretta di luce artificiale nell’ambiente. Questo, per varie cause che vedremo, provoca l’aumento della luminosità del cielo, con numerose conseguenze. Dobbiamo prima di tutto distinguere tra buio e cielo naturale. Il buio (o assenza di luce) è quella condizione che si può ricreare per esempio in una camera oscura spegnendo tutte le luci. Un paesaggio naturale non contaminato da inquinamento luminoso è tutt’altro che buio. Ci sono svariate componenti naturali che provocano luminosità. Dal contributo integrato di tutte le stelle della nostra galassia (la Via Lattea), alla luce zodiacale, all’interazione delle particelle atmosferiche che provocano il cosiddetto airglow (ovvero la luminescenza dell’atmosfera).

Tutti questi fenomeni provocano una luminosità (tecnicamente denominata brillanza) naturale che può variare tra 21,6 e 22,2 [mag/arcsec2 ] 1 a seconda dell’intensità dell’attività solare e della stagione. Alla luminosità naturale si somma quella artificiale. Tuttavia il fenomeno non sarebbe visibile se non esistesse l’atmosfera oppure se questa fosse perfettamente trasparente. Infatti è a causa dell’interazione della luce con le particelle presenti in atmosfera che si ha la diffusione della luce. Questo fenomeno provoca di giorno la diffusione della luce solare e di notte la diffusione delle luci artificiali a centinaia di chilometri dalla fonte. Le particelle interagiscono in vario modo a seconda della loro dimensione.

Inoltre, maggiore è lo strato di atmosfera presente, più la luce artificiale si diffonde lontano. Quindi le emissioni di luce a basso angolo sull’orizzonte sono una delle principali cause dell’inquinamento luminoso diffuso.

Mag = magnitudine apparente: è l’unità di misura con la quale si identifica la luminosità apparente di un corpo celeste ovvero la luminosità rilevabile dal punto di osservazione; arcsec2 = arco secondo al quadrato: è l’unità di misura di una superficie del cielo. In pratica gli strumenti per la rilevazione dell’inquinamento luminoso integrano la luminosità di un arcsec2 e la riportano numericamente come se all’ interno di una porzione di cielo di un arcsec2 si trovasse una stella di data magnitudine (es. 21,6 mag/arcsec2 è come se ogni quadrato di cielo di 1 arcsec di lato emettesse luce come una sola stella di mag 21,6)

La causa principale dell’inquinamento luminoso è data dalle emissioni di impianti di illuminazione esterna non a norma, ovvero quegli impianti che non emettono solamente la luce funzionale alla visione notturna. La luce emessa da un lampione può essere divisa in tre componenti: luce dispersa, luce abbagliante (o intrusiva) e luce utilizzata. La luce dispersa è la componente dovuta alla mancata schermatura della luce verso l’alto. La mancata schermatura della luce ad angoli superiori a 90° produce anche il fenomeno della luce intrusiva, ovvero l’introduzione di luce in aree non previste e che può creare danno o fastidio. La terza componente è la componente funzionale, utile alla visione notturna. Questa componente genera inevitabilmente dispersione luminosa verso l’alto, che può essere limitata progettando in maniera accurata il tipo di luce e la potenza della lampada installata. Gli impianti che producono la maggior dispersione di luce sono i globi opachi, che disperdono più del 50% della luce prodotta. Altri impianti inquinanti molto comuni sono quelli con il vetro (o il policarbonato) curvo, gli impianti a riflessione, le lanterne in stile con vetro opaco e lampada visibile e infine – gli obsoleti impianti senza vetro. Gli impianti obsoleti inoltre sono privi di ottica per dirigere il flusso luminoso. Questo ha fatto sì che nei vecchi impianti si dovessero usare lampade con una potenza molto superiore al necessario per ottenere un’illuminazione sufficiente a terra. Inoltre, sempre a causa della mancanza dell’ottica, i vecchi impianti devono essere inclinati per poter illuminare tutta l’area necessaria. I rilievi satellitari confermano ciò che è intuitivo, cioè che l’inquinamento luminoso è un fenomeno che interessa soprattutto le aree più sviluppate. Nord America, Europa, India ed Estremo Oriente sono le zone del mondo maggiormente responsabili delle emissioni di luce in atmosfera.

Le leggi anti inquinamento luminoso in Italia :

La storia delle normative anti inquinamento luminoso inizia in Italia nel 1992 con la presentazione di un Disegno di legge nazionale dal titolo “Misure urgenti in tema di risparmio energetico da uso di illuminazione esterna e di lotta all’inquinamento luminoso”. Purtroppo tale intervento trovò la dura reazione del mondo illuminotecnico che fece naufragare il progetto.

Nel 1999 però dopo anni di discussioni e confronti le associazioni di illuminotecnici (AIDI e ASSIL) riuscirono a far approvare (senza il consenso della S.A.It.) una norma, la UNI 10819 che in pratica rappresentò il tentativo di rendere legale l’inquinamento luminoso. Durante i lavori per la redazione di questa norma, nacque la prima legge regionale contro l’inquinamento luminoso la L.R. 27 giugno 1997 n. 22 “Norme per la prevenzione dell’inquinamento luminoso” della Regione Veneto. Tale legge, seppur più restrittiva rispetto alla norma UNI, poneva limiti poco stringenti e non è mai stata pienamente applicata. Da questo episodio però iniziò la creazione delle leggi regionali come le conosciamo adesso. Le prime furono la L.R. 28 aprile 2000 n. 17 della Valle D’Aosta e la L.R. 24 marzo 2000 n. 31 del Piemonte che fanno pienamente riferimento alla UNI 10819 e quindi sono sostanzialmente inutili. Con la L.R. 27 marzo 2000 n. 17 della Lombardia però la lotta all’inquinamento luminoso segna una svolta fondamentale in Italia e all’estero. Questa infatti è una delle leggi più restrittive attualmente in vigore, imponendo il limite delle 0 cd/klm a 90° ed oltre e il limite di 3,7 nel rapporto tra interdistanza e altezza dei pali.

Nello stesso anno nasce anche la L.R. 13 aprile 2000 n. 23 del Lazio che però prevede dei limiti più blandi per gli arredi urbani fi no a 110°. Le leggi della Lombardia e del Lazio, con le dovute eccezioni, rimangono comunque due ottimi esempi. Nello stesso anno nascono la L.R. 21 febbraio 2000 n. 37 della Toscana (che ricalca quella del Veneto) e la L.R. 10 aprile 2000 n. 41 della Basilicata. Negli anni successivi si adeguano via via tutte le Regioni. Casi. L’ultima legge entrata in vigore è la L.R. 22 gennaio 2010 n. 2 del Molise. Attualmente risultano scoperte la Sicilia, la Calabria e la Provincia di Bolzano.

 

CAMPI ELETTROMAGNETICI

Normativa europea

Normativa nazionale

  • Decreto 29 maggio 2008 "Approvazione della metodologia di calcolo per la determinazione delle fasce di rispetto per gli elettrodotti"
  • Decreto 29 maggio 2008 "Approvazione delle procedure di misura e valutazione dell'induzione magnetica"
  • Decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 257 "Attuazione della direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici)
  • Decreto del Presidente del consiglio dei ministri 8 luglio 2003 "Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita' per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti"
  • Decreto del Presidente del consiglio dei ministri 8 luglio 2003 "Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita' per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz"
  • Legge 22 febbraio 2001, n. 36  "Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici"
  • Decreto ministeriale 10 settembre 1998, n. 381 "Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana".
    Sull'applicabilità delle disposizioni del presente decreto, vedi art. 16 della Legge 22 febbraio 2001, n. 36
  • Decreto interministeriale 21 marzo 1988, n. 449"Approvazione nelle norme tecniche per la progettazione, l'esecuzione e l'esercizio delle linee elettriche aeree esterne
  • DL 18 ottobre 2012, n. 179 “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito con legge 17 dicembre 2012, n. 221 - art. 14
  • Decreto del Direttore del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 29 maggio 2008 “Approvazione della metodologia di calcolo per la determinazione delle fasce di rispetto per gli elettrodotti” (G.U. n. 156 del 5/07/2008, supplemento ordinario n.160).
  • Decreto Legislativo 1 agosto 2003, n.259 "Codice delle comunicazioni elettroniche” (G.U. n. 214 del 15/09/2003) e ss.mm.
  • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 “Fissazione del limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni dei campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodi” (G.U. n. 200 del 29-8-2003).
  • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 “Fissazione del limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz” (GU n. 199 del 28-8-2003).
  • Legge 22 febbraio 2001, n. 36 "Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici" (G.U. n. 55 del 7 marzo 2001).
  • Decreto del Ministero dell’Ambiente 10 settembre 1998, n. 381 "Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana".

 

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