Il tema delle terre e rocce da scavo e, in particolare, la possibilità di gestire questi materiali come sottoprodotti e non come rifiuti, è stato oggetto nell’ultimo decennio di numerosi interventi normativi fino ad arrivare nel 2013 all’attuale quadro giuridico di riferimento che prevede l’applicazione delle seguenti norme:
- D.M. 161/2012.
- Legge n° 98 del 9 agosto 2013, di conversione, con modifiche, del decreto legge 21 giugno 2013, n° 69, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia” (cd “decreto Fare”).
La situazione che si viene a delineare in tema di gestione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti è dunque la seguente:
- applicazione del Regolamento di cui al DM 161/2012 per i materiali da scavo derivanti da opere sottoposte a VIA o ad AIA per cantieri superiori a 6000 mc;
- applicazione dell’art. 41bis della Legge 98/13 in tutti gli altri casi, quindi non solo per i cantieri inferiori a 6.000 mc, ma per tutte le casistiche che non ricadono nel DM 161/2012.
Per quanto sopra, ai cantieri di piccoli dimensioni, la cui produzione sia inferiore o uguale a 6000 mc, si applica la disciplina semplificata dettata dall’art. 41 bis, a prescindere dalla circostanza che le opere dalle quali deriva il materiale da scavo siano soggette ad AIA o VIA. Per i cantieri superiori a 6000 mc occorre invece operare la seguente distinzione: se l’opera dalla quale proviene il materiale da scavo non è soggetta a VIA od AIA si applica la disciplina di cui all’art. 41 bis; se l’opera è invece soggetta a VIA o AIA si applica il D.M. 161/2012.
La Legge 98/13, applicabile come detto per tutte le casistiche non ricadenti nel DM 161/2012, prevede che il proponente o il produttore attesti il rispetto delle seguenti condizioni (comma 1, art. 41 bis della Legge 98/13):
a) che e' certa la destinazione all'utilizzo direttamente presso uno o più siti o cicli produttivi determinati;
b) che, in caso di destinazione a recuperi, ripristini, rimodellamenti, riempimenti ambientali o altri utilizzi sul suolo, non sono superati i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell'allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, con riferimento alle caratteristiche delle matrici ambientali e alla destinazione d'uso urbanistica del sito di destinazione e i materiali non costituiscono fonte di contaminazione diretta o indiretta per le acque sotterranee, fatti salvi i valori di fondo naturale;
c) che, in caso di destinazione ad un successivo ciclo di produzione, l'utilizzo non determina rischi per la salute ne' variazioni qualitative o quantitative delle emissioni rispetto al normale utilizzo delle materie prime;
d) che ai fini di cui alle lettere b) e c) non e' necessario sottoporre i materiali da scavo ad alcun preventivo trattamento, fatte salve le normali pratiche industriali e di cantiere.
Le condizioni sopra riportate (che consentono di considerare i materiali da scavo come sottoprodotti e non rifiuti) devono essere rese mediante una “autocertificazione” (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi del DPR 445/2000) da presentare al Dipartimento Provinciale Arpacal territorialmente competente (comma 2, art. 41 bis della Legge 98/13).
Il produttore deve inoltre confermare l’avvenuto utilizzo al Dipartimento Provinciale Arpacal territorialmente competenti in riferimento al luogo di produzione e di utilizzo (comma 3, art. 41 bis della Legge 98/13).
Il trasporto avviene come bene/prodotto (comma 4, art. 41 bis della Legge 98/13).
La dichiarazione deve contenere sufficienti indicazioni sulla quantità e qualità dei materiali da scavo e sui siti interessati (produzione, deposito e utilizzo), al fine di permettere la verifica del rispetto delle quattro condizioni indicate nel comma 1 dell’art. 41bis della Legge 98/13, indispensabili per poter classificare il materiale come sottoprodotto.
L’ArpaCal, ricevuta la documentazione, esegue la verifica della completezza delle informazioni chiedendo, se del caso, l’integrazione degli elementi mancanti che dovranno essere forniti entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta.
La mancanza delle integrazioni richieste determina l’inefficacia della dichiarazione.
La gestione delle terre e rocce in assenza di corretta dichiarazione può costituire il presupposto per una gestione illecita di rifiuti.
Si evidenzia che le attività di scavo e di utilizzo devono essere autorizzate in conformità alle norme vigenti dagli Enti competenti in quanto attività edilizie, quindi il processo di autocertificazione dovrà comunque essere coordinato con l’iter edilizio. A tal proposito, pur non previsto in norma, si suggerisce che l’autodichiarazione sia inviata per conoscenza anche ai comuni/autorità coinvolti.
L’autodichiarazione resa all’Arpacal non costituisce in alcun modo autorizzazione alla realizzazione dell’opera ovvero l’esecuzione dei lavori connessi.
Al fine di predisporre l’autodichiarazione, Arpacal ha predisposto uno schema di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà disponibile in formato doc e pdf che possono essere liberamente scaricati.
Le autodichiarazioni vanno inviate al Dipartimento Provinciale Arpacal competente per territorio rispetto ai sito di produzione delle terre e rocce da scavo.