- Dettagli
-
Categoria: Organizzazione
-
Pubblicato: Martedì, 31 Maggio 2016 10:14
-
Visite: 18113
In questa sezione è possibile trovare la normativa che riguarda la matrice ambientale radiazioni e rumore:
Radiazioni
La normativa nazionale e regionale inerente alla tutela della popolazione dagli effetti dei campi elettromagnetici, disciplina separatamente le basse frequenze (elettrodotti) e alte frequenze (impianti radiotelevisivi, ponti radio, Stazioni Radio Base per la telefonia mobile ecc).
Frequenze radio (RF)
Campi di frequenza estremamente bassa ELF
Normativa Comunitaria
- Raccomandazione Europea 90/143/Euratom. Raccomandazione della Commissione, del 21 febbraio 1990, sulla tutela della popolazione contro l’esposizione al radon in ambienti chiusi
- Direttiva Europea 2013/59/Euratom del Consiglio del 5 dicembre 2013 che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom
Normativa Nazionale
- Decreto Legislativo n. 230/95 e s.m.i.. Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti, 2009/71/Euratom in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari e 2011/70/Euratom in materia di gestione sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi derivanti da attività civili
- D.Lgs 9 maggio 2001 n. 257
- DPCM del 19 marzo 2010 "Piano nazionale delle misure protettive contro le emergenze radiologiche".
- REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 297/2011 DELLA COMMISSIONE del 25 marzo 2011 che impone condizioni speciali per l´importazione di alimenti per animali e prodotti alimentari originari del Giappone o da esso provenienti, a seguito dell´incidente alla centrale nucleare di Fukushima.
- Decreto Legislativo n° 241 del 26 maggio 2000, “In materia di radiazioni ionizzanti“, che recepisce le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom, e che ha modificato i precedenti decreti 230/95 e 187/00.
- Linee guida ed indirizzi metodologi ISPRA - Implementazione di un sistema nazionale di monitoraggio della radioattività ambientale
Documentazione:
Rumore o onda meccanica
Il rumore è una onda meccanica generata dalla variazione di pressione che si propaga nello spazio e nel tempo all’interno di un mezzo solido, liquido o gassoso. La presenza di un fluido o di un mezzo solido garantisce la propagazione di una onda meccanica. Le onde meccaniche non si propagano nel vuoto. L’intensità di un’onda meccanica si esprime comunemente in dB che non è una unità di misura ma un suffisso matematico che consente di sganciare una grandezza fisica dalla sua originale unità di misura e renderla adimensionale. Per esempio per esprime la pressione sonora in cui la P0 è la pressione di riferimento in genere 20µPa si ha che:
1 dB=20 log10 [Ps/P0]
(Legge 447/95 art. 2 comma a)
Le sorgenti
Le sorgenti di rumore nell’ambiente urbano sono innumerevoli e, in ordine di importanza e incidenza, vengono così classificate:
- traffico;
- impianti industriali e artigianali;
- discoteche, spettacoli e pubblici esercizi;
- attività e fonti in ambiente abitativo.
Rumore e salute
Gli effetti nocivi sull’uomo causati dall’esposizione al rumore variano in base alle caratteristiche fisiche del fenomeno, ai tempi e alle modalità di manifestazione dell’evento acustico e alla specifica sensibilità del soggetto esposto.
Gli effetti vengono così classificati:
- effetti di danno, alterazioni non reversibili o non completamente reversibili, oggettivabili dal punto di vista clinico e/o anatomopatologico;
- effetti di disturbo, alterazioni temporanee delle condizioni psicofisiche del soggetto e che siano chiaramente oggettivabili, determinando effetti fisiopatologici ben definiti;
- sensazione di disturbo e fastidio genericamente intesa
Normativa comunitaria
Normativa nazionale
- DPCM 1° marzo 1991 – Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno.
- D. Lgs. 15 agosto 1991 n.277 – Attuazione delle direttive n.80/1107/CEE, n. 82/605/CEE,n.86/188/CEE e n.88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell’art.7 legge 30 luglio 1990, n.212.
- La legge quadro 447 del 26/10/95
- DMA 11/12/96"Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo".
- DPCM 18/9/97"Determinazione dei requisiti delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante".
- DMA 31/10/97"Metodologia di misura del rumore aeroportuale".
- DPCM 14/11/97"Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore".
- DPCM 5/12/97"Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici".
- DPR 11/12/97 n. 496 "Regolamento recante norme per la riduzione dell’inquinamento acustico prodotto dagli aeromobili civili".
- DMA 16/3/98"Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico".
- DPCM 31/3/98"Atto di indirizzo e coordinamento recante criteri generali per l’esercizio dell’attività di tecnico competente in acustica.
- DPR 18 novembre 1998 n.459 – Regolamento recante norme di esecuzione dell’articolo 11 della legge del 26 ottobre 1995, n.447, in materia di inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario.
- Legge 9 dicembre 1998 n.426 – Nuovi interventi in materia ambientale.
- DPR n. 459 -18 Novembre 1998 - Regolamento recante norme di esecuzione dell'articolo 11 della legge 26 ottobre 1995, n. 447, in materia di inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario.
- DPCM 16 aprile 1999 n.215 - Regolamento recante norme per la determinazione dei requisiti acustici delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante e di pubblico spettacolo e nei pubblici esercizi.
- Decreto 20 maggio 1999 - Criteri per la progettazione dei sistemi di monitoraggio per il controllo dei livelli di inquinamento acustico in prossimita' degli aeroporti nonché criteri per la classificazione degli aeroporti in relazione al livello di inquinamento acustico.
- DPR 3 aprile 2001 n. 304 – Regolamento recante disciplina delle emissioni sonore prodotte nello svolgimento delle attività motoristiche, a norma dell’art. 11 della Legge del 26 ottobre 1995, n.447.
- DPCM 16 aprile 1999 n.215 – Regolamento recante norme per la determinazione dei requisiti acustici delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante e di pubblico spettacolo e nei pubblici esercizi.
- DM 29 novembre 2000 – Criteri per la predisposizione, da parte delle società e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore.
- Legge 31 luglio 2002 n. 179 – Disposizioni in materia ambientale.
- D. Lgs. 4 settembre 2002 n.262 – Attuazione della direttiva 2000/14/CE concernente l’emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all’aperto.
- DPR 30/03/2004 n. 142 " Disposizioni per il contenimento e la prevenzione dell'inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare, a norma dell'articolo 11 della legge 26 ottobre 1995, n. 447".
- Circolare 6 Settembre 2004 - Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. Interpretazione in materia di inquinamento acustico: criterio differenziale e applicabilità dei valori limite differenziali. (GU n. 217 del 15-9-2004).
- D. Lgs. 17 gennaio 2005 n.13 – Attuazione della direttiva 2002/30/CE relativa all’introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti comunitari.
- D. Lgs. 19 agosto 2005 n.194 – Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale.
Normativa regionale
- LR 34/2009 - Norme in materia di inquinamento acustico per la tutela dell’ambiente della Regione Calabria
Inquinamento luminoso
L’inquinamento luminoso è definito come l’introduzione diretta o indiretta di luce artificiale nell’ambiente. Questo, per varie cause che vedremo, provoca l’aumento della luminosità del cielo, con numerose conseguenze. Dobbiamo prima di tutto distinguere tra buio e cielo naturale. Il buio (o assenza di luce) è quella condizione che si può ricreare per esempio in una camera oscura spegnendo tutte le luci. Un paesaggio naturale non contaminato da inquinamento luminoso è tutt’altro che buio. Ci sono svariate componenti naturali che provocano luminosità. Dal contributo integrato di tutte le stelle della nostra galassia (la Via Lattea), alla luce zodiacale, all’interazione delle particelle atmosferiche che provocano il cosiddetto airglow (ovvero la luminescenza dell’atmosfera).
Tutti questi fenomeni provocano una luminosità (tecnicamente denominata brillanza) naturale che può variare tra 21,6 e 22,2 [mag/arcsec2 ] 1 a seconda dell’intensità dell’attività solare e della stagione. Alla luminosità naturale si somma quella artificiale. Tuttavia il fenomeno non sarebbe visibile se non esistesse l’atmosfera oppure se questa fosse perfettamente trasparente. Infatti è a causa dell’interazione della luce con le particelle presenti in atmosfera che si ha la diffusione della luce. Questo fenomeno provoca di giorno la diffusione della luce solare e di notte la diffusione delle luci artificiali a centinaia di chilometri dalla fonte. Le particelle interagiscono in vario modo a seconda della loro dimensione.
Inoltre, maggiore è lo strato di atmosfera presente, più la luce artificiale si diffonde lontano. Quindi le emissioni di luce a basso angolo sull’orizzonte sono una delle principali cause dell’inquinamento luminoso diffuso.
Mag = magnitudine apparente: è l’unità di misura con la quale si identifica la luminosità apparente di un corpo celeste ovvero la luminosità rilevabile dal punto di osservazione; arcsec2 = arco secondo al quadrato: è l’unità di misura di una superficie del cielo. In pratica gli strumenti per la rilevazione dell’inquinamento luminoso integrano la luminosità di un arcsec2 e la riportano numericamente come se all’ interno di una porzione di cielo di un arcsec2 si trovasse una stella di data magnitudine (es. 21,6 mag/arcsec2 è come se ogni quadrato di cielo di 1 arcsec di lato emettesse luce come una sola stella di mag 21,6)
La causa principale dell’inquinamento luminoso è data dalle emissioni di impianti di illuminazione esterna non a norma, ovvero quegli impianti che non emettono solamente la luce funzionale alla visione notturna. La luce emessa da un lampione può essere divisa in tre componenti: luce dispersa, luce abbagliante (o intrusiva) e luce utilizzata. La luce dispersa è la componente dovuta alla mancata schermatura della luce verso l’alto. La mancata schermatura della luce ad angoli superiori a 90° produce anche il fenomeno della luce intrusiva, ovvero l’introduzione di luce in aree non previste e che può creare danno o fastidio. La terza componente è la componente funzionale, utile alla visione notturna. Questa componente genera inevitabilmente dispersione luminosa verso l’alto, che può essere limitata progettando in maniera accurata il tipo di luce e la potenza della lampada installata. Gli impianti che producono la maggior dispersione di luce sono i globi opachi, che disperdono più del 50% della luce prodotta. Altri impianti inquinanti molto comuni sono quelli con il vetro (o il policarbonato) curvo, gli impianti a riflessione, le lanterne in stile con vetro opaco e lampada visibile e infine – gli obsoleti impianti senza vetro. Gli impianti obsoleti inoltre sono privi di ottica per dirigere il flusso luminoso. Questo ha fatto sì che nei vecchi impianti si dovessero usare lampade con una potenza molto superiore al necessario per ottenere un’illuminazione sufficiente a terra. Inoltre, sempre a causa della mancanza dell’ottica, i vecchi impianti devono essere inclinati per poter illuminare tutta l’area necessaria. I rilievi satellitari confermano ciò che è intuitivo, cioè che l’inquinamento luminoso è un fenomeno che interessa soprattutto le aree più sviluppate. Nord America, Europa, India ed Estremo Oriente sono le zone del mondo maggiormente responsabili delle emissioni di luce in atmosfera.
Le leggi anti inquinamento luminoso in Italia :
La storia delle normative anti inquinamento luminoso inizia in Italia nel 1992 con la presentazione di un Disegno di legge nazionale dal titolo “Misure urgenti in tema di risparmio energetico da uso di illuminazione esterna e di lotta all’inquinamento luminoso”. Purtroppo tale intervento trovò la dura reazione del mondo illuminotecnico che fece naufragare il progetto.
Nel 1999 però dopo anni di discussioni e confronti le associazioni di illuminotecnici (AIDI e ASSIL) riuscirono a far approvare (senza il consenso della S.A.It.) una norma, la UNI 10819 che in pratica rappresentò il tentativo di rendere legale l’inquinamento luminoso. Durante i lavori per la redazione di questa norma, nacque la prima legge regionale contro l’inquinamento luminoso la L.R. 27 giugno 1997 n. 22 “Norme per la prevenzione dell’inquinamento luminoso” della Regione Veneto. Tale legge, seppur più restrittiva rispetto alla norma UNI, poneva limiti poco stringenti e non è mai stata pienamente applicata. Da questo episodio però iniziò la creazione delle leggi regionali come le conosciamo adesso. Le prime furono la L.R. 28 aprile 2000 n. 17 della Valle D’Aosta e la L.R. 24 marzo 2000 n. 31 del Piemonte che fanno pienamente riferimento alla UNI 10819 e quindi sono sostanzialmente inutili. Con la L.R. 27 marzo 2000 n. 17 della Lombardia però la lotta all’inquinamento luminoso segna una svolta fondamentale in Italia e all’estero. Questa infatti è una delle leggi più restrittive attualmente in vigore, imponendo il limite delle 0 cd/klm a 90° ed oltre e il limite di 3,7 nel rapporto tra interdistanza e altezza dei pali.
Nello stesso anno nasce anche la L.R. 13 aprile 2000 n. 23 del Lazio che però prevede dei limiti più blandi per gli arredi urbani fi no a 110°. Le leggi della Lombardia e del Lazio, con le dovute eccezioni, rimangono comunque due ottimi esempi. Nello stesso anno nascono la L.R. 21 febbraio 2000 n. 37 della Toscana (che ricalca quella del Veneto) e la L.R. 10 aprile 2000 n. 41 della Basilicata. Negli anni successivi si adeguano via via tutte le Regioni. Casi. L’ultima legge entrata in vigore è la L.R. 22 gennaio 2010 n. 2 del Molise. Attualmente risultano scoperte la Sicilia, la Calabria e la Provincia di Bolzano.
CAMPI ELETTROMAGNETICI
Normativa europea
Normativa nazionale
- Decreto 29 maggio 2008 "Approvazione della metodologia di calcolo per la determinazione delle fasce di rispetto per gli elettrodotti"
- Decreto 29 maggio 2008 "Approvazione delle procedure di misura e valutazione dell'induzione magnetica"
- Decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 257 "Attuazione della direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici)
- Decreto del Presidente del consiglio dei ministri 8 luglio 2003 "Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita' per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti"
- Decreto del Presidente del consiglio dei ministri 8 luglio 2003 "Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita' per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz"
- Legge 22 febbraio 2001, n. 36 "Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici"
- Decreto ministeriale 10 settembre 1998, n. 381 "Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana".
Sull'applicabilità delle disposizioni del presente decreto, vedi art. 16 della Legge 22 febbraio 2001, n. 36
- Decreto interministeriale 21 marzo 1988, n. 449"Approvazione nelle norme tecniche per la progettazione, l'esecuzione e l'esercizio delle linee elettriche aeree esterne
- DL 18 ottobre 2012, n. 179 “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito con legge 17 dicembre 2012, n. 221 - art. 14
- Decreto del Direttore del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 29 maggio 2008 “Approvazione della metodologia di calcolo per la determinazione delle fasce di rispetto per gli elettrodotti” (G.U. n. 156 del 5/07/2008, supplemento ordinario n.160).
- Decreto Legislativo 1 agosto 2003, n.259 "Codice delle comunicazioni elettroniche” (G.U. n. 214 del 15/09/2003) e ss.mm.
- Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 “Fissazione del limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni dei campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodi” (G.U. n. 200 del 29-8-2003).
- Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 “Fissazione del limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz” (GU n. 199 del 28-8-2003).
- Legge 22 febbraio 2001, n. 36 "Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici" (G.U. n. 55 del 7 marzo 2001).
- Decreto del Ministero dell’Ambiente 10 settembre 1998, n. 381 "Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana".
- Dettagli
-
Categoria: Organizzazione
-
Pubblicato: Venerdì, 15 Aprile 2016 12:16
-
Visite: 9670
Al fine di affrontare la tematica Ambiente e Salute l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria, con Delibera del Commissario Straordinario n.254 del 26 febbraio 2009, istituisce il Centro di Epidemiologia Regionale Ambientale (CERA).
L’attività del Centro ha preso le mosse nell’ambito delle Linee di indirizzo che, già tracciate nel Piano Sanitario Regionale 2007 – 2009, prevedevano il coinvolgimento dell’ARPACAL nell’obiettivo di offrire livelli di assistenza sanitaria qualitativamente e quantitativamente adeguati.
Nel 2010 entrava a far parte, insieme alla maggior parte delle altre ARPA/APPA del Sistema Agenziale, del GEA ( Gruppo nazionale di lavoro per il coordinamento delle attività di Epidemiologia Ambientale).
Il CERA veniva istituito da ARPACAL con il compito di “supportare gli organi regionali mediante attività di ricerca applicata per la realizzazione del Registro Tumori e del Registro Epidemiologico nonché per lo studio delle possibili connessioni tra i fattori di pressione ambientale e la salute collettiva”.
Contestualmente alla Delibera di attivazione, il lavoro del CERA, veniva anche organizzato per via regolamentare stabilendo per esso, quali obiettivi specifici:
- la raccolta ed organizzazione dei dati di rilevante interesse per la salute in cluster facilmente utilizzabili ai fini della realizzazione di studi e ricerche nel settore dell’epidemiologia e statistica sanitaria;
-l’instaurazione di un flusso informativo indirizzato alla popolazione, a specialisti del settore e ad operatori della sanità;
-il supporto alle Istituzioni Sanitarie preposte allo scopo di pianificare le risorse e stabilire le priorità per la cura della salute, identificare interventi appropriati e procedure di controllo, valutare la politica sanitaria o le strategie organizzative e fornire linee guida riguardanti priorità di ricerca.
Subito dopo la sua istituzione il Centro, oltre al Direttore, contava in organico 5 unità di personale:
- Un Dirigente Medico, con particolari competenze in tossicologia, proveniente dal CNR con contratto a tempo determinato per 5 anni,
- Un Funzionario con competenze Statistiche,
- 3 assistenti amministrativi.
Nell’aprile 2011 una parte del già esiguo personale assegnato veniva trasferito in altri Settori in quanto anche per il CERA, almeno in quella fase, si prospettava la chiusura momentanea.
Così non fu.
Successivamente il Management Aziendale, nel rivalutare il ruolo dei Centri si rese conto come il CERA avesse una sua valenza strategica per l'Agenzia:
a) Dava la possibilità ad ARPACAL di affrontare in maniera completa e sistematica, congiuntamente ed in maniera complementare con il Sistema Sanitario, la tematica “Ambiente e Salute” così come stava già avvenendo nelle altre Agenzie per l'Ambiente, in tutta Italia;
b) Consentiva di dare ascolto e di fornire delle risposte concrete e più complete (relazione tra dati sanitari ed ambientali) alla popolazione sempre più preoccupata per il paventato aumento di patologie legate a fattori di rischio ambientali e che stentava a trovare un preciso interlocutore.
Nonostante la presa di coscienza della valenza strategica del CERA, negli anni successivi non è stato possibile per il Management potenziare il Centro ed assegnare ad esso ulteriori unità di personale.
Con il nuovo Regolamento di Organizzazione ARPACAL (approvato con D.G.R. n.504 del 30/12/2013) il CERA, prima in staff alla Direzione Generale, viene istituito quale Centro Specializzato di livello regionale con competenza sull'intero territorio ed in staff alla Direzione Scientifica. Nell'assetto organizzativo interno dell'Agenzia viene inquadrato come struttura dirigenziale complessa.
Il Centro ha continuato a lavorare con sole tre unità fino a settembre 2014.
Ad ottobre 2014, non è stato possibile per l’Agenzia rinnovare il contratto all’unico Dirigente medico assegnato ed oggi il Centro conta soltanto di due unità di personale di cui una
negli ultimi anni ha usufruito dei permessi concessi per la maternità.
Attività, Metodi e Protocolli
L’Epidemiologia ha ampiamente dimostrato di essere una scienza in grado di valutare i fattori di rischio ambientale come potenziale causa di malattia e di quantificare il loro impatto sulla salute nella popolazione a rischio e per questo, nel corso degli ultimi decenni, si è rivelata uno dei più importanti strumenti utilizzabili nella gestione dell’igiene ambientale.
L’Epidemiologia Ambientale, nello specifico, pone attenzione massima, anche se non esclusiva, sui fattori di rischio ambientale come determinanti.
Essa, come specificato in precedenza, è stata considerata uno strumento importante per introdurre e consolidare le competenze ambientali-sanitarie in ARPA.
Il CERA, applica i metodi universalmente utilizzati nell’ambito dell’Epidemiologia Ambientale in generale i quali possono essere utili nella valutazione di un insieme di fattori molto variegato.
In realtà, in considerazione che ciascuna località può avere una sua particolare combinazione di fattori di rischio ambientale, è importane che vengano elaborati allo scopo – e di volta in volta – specifici progetti di studio per collegare fattori di rischio, effetti e prevenzione, adattandoli alle condizioni locali. Il CERA non agisce, quindi, limitandosi ad applicare regole di carattere generale, valide forse universalmente ma che corrono il rischio di fornire risposte generiche e per questo non aderenti alla realtà della singola zona valutata. Il protocollo operativo del CERA prevede di adattare caso per caso strategie epidemiologiche e valutazioni statistiche, correlandole al particolare stato dell’ambiente e della salute di popolazione nella singola zona oggetto di studio.
Gli studi vengono eseguiti tenendo conto, inoltre, dell’esposizione a fattori riguardanti lo stile di vita, quali fumo di tabacco, fattori alimentari, malattie concomitanti o condizioni non direttamente o affatto correlate con l’ambiente.
Nella realizzazione di uno studio epidemiologico bisogna poi tener conto di una parte non secondaria che è quella della “comunicazione del rischio”.
Non è possibile, infatti applicare acriticamente procedure standard che non tengano conto del numero di persone alle quali una determinata comunicazione verrà indirizzata e della particolarità del suo contenuto. Il CERA considera attentamente il Target di riferimento e cioè la comunicazione stessa verrà mirata ad informare l’individuo, particolari organizzazioni, o la popolazione in generale. Altri gruppi destinatari, come è già apparso evidente nel corso del lavoro effettuato in questi anni, includono la famiglia, il gruppo di lavoro, la scuola.
Un capitolo a parte, importantissimo per i riflessi organizzativi che indubbiamente ha sul lavoro del Centro, è la riservatezza. Essa si riferisce alla protezione della privacy del singolo soggetto o partecipante, che deve avere una precisa garanzia che le notizie mediche che lo riguardano non saranno rivelate ad alcuna parte terza. D’altro canto, senza informazioni mediche lo studio epidemiologico non potrebbe essere eseguito.
Lo schema operativo utilizzato dal CERA prevede che l’accesso venga effettuato in modo etico, generalmente richiedendo il consenso da parte dei soggetti coinvolti. Fanno eccezione gli studi epidemiologici che richiedono che siano esaminati solo dati esistenti o storici di grandi gruppi di individui, per cui non è necessario il contatto diretto con gli individui per ottenere dati ugualmente efficaci.
Per rafforzare la garanzia di riservatezza nel trattamento dei dati medici, vengono applicati dal CERA severissimi protocolli i quali prevedono che l’accesso a tali informazioni venga effettuato soltanto da personale medico, legato alla tutela della riservatezza, oltre che dall’obbligo di legge, anche da motivi etici propri della professione.
I dati vengono poi resi al personale preposto all’elaborazione del dato statistico in maniera aggregata e comunque depurata da dati identificativi.
La relazione conclusiva sui risultati di ogni singolo studio viene infine preparata con un linguaggio scientifico preciso ed accurato, senza trascurare la stesura di versioni redatte in stile più comprensibile e divulgativo da presentare al pubblico o in alcuni casi ai mass-media
Nell’impostazione operativa che viene utilizzata dai tecnici del CERA vengono naturalmente tenuti in grandissimo conto i contributi che medici, operatori sociali, leader di comunità e comunicatori professionisti possono dare. Le procedure operative da noi applicate prevedono, in particolare, l’effettuazione di un primo contatto con gli operatori sanitari che si occupano del territorio e con l’ASP competente.
Per quanto riguarda i protocolli operativi è previsto che il CERA svolga un’azione di raccolta e valutazione dei dati epidemiologici su siti particolari di interesse già conosciuti per la preesistenza di importanti situazioni di inquinamento ambientale e su quei siti posti di volta in volta all’attenzione dell’ARPACAL da amministrazioni locali o altre autorità preposte, a seguito della presenza di situazioni di allarme tra la popolazione conseguenti a paventato aumento delle patologie di varia origine.
La valutazione del livello di priorità di un azione rispetto ad altre concomitanti viene effettuata sulla base della densità della popolazione e dell’eventuale presenza, storica o recente, di emergenze di carattere ambientale.
Per le finalità degli studi vengono utilizzati i dati ambientali forniti dai singoli Dipartimenti o dai Centri Funzionali e Servizi dell’ARPACAL.
Terminata la parte preliminare delle attività, legata ad esigenze di carattere organizzativo e di iniziale realizzazione delle piattaforme informatiche da utilizzare nel prosieguo del lavoro, l’attività immediatamente successiva è quella di porre in essere meccanismi di flusso delle informazioni da parte degli Enti coinvolti a vario titolo e con diverse competenze nella gestione e controllo dell’ambiente, con l’ARPACAL.
Per ognuno dei territori posti all’attenzione vengono analizzati i dati epidemiologici esistenti e disponibili fino alla data di conclusione delle attività e raccolti i dati epidemiologici riguardanti gli anni più recenti e non presenti negli archivi dell’ARPACAL o in quelli del Dipartimento della Salute Regionale.
Protocollo operativo
Il CERA risponde con tempistica minima ( entro 5 giorni) alle richieste a qualunque titolo pervenute con priorità per le situazioni di particolare criticità ambientale tramite l’applicazione di un protocollo operativo che prevede:
-1 Primo contatto con il richiedente tramite telefono/fax/email;
-2 Incontro con le autorità civili (Sindaco) interessate per competenza territoriale;
-3 Riunione con i soggetti interessati (Comitati di cittadini, Associazioni ambientaliste,... etc.) al fine di ottenere un quadro il più possibile esaustivo delle esigenze e delle richieste;
-4 Informativa e contatto con il Dipartimento Ambientale di competenza;
-5 Informativa e contatto con l’Azienda Sanitaria Provinciale competente per territorio;
-6 Convocazione di una riunione congiunta tra tutti gli attori (CERA e Dipartimento Provinciale Arpacal, ASP, Sindaco, Rappresentante Comitato cittadini o Associazione) presso il Dipartimento Ambientale Arpacal di competenza. Essa è necessaria per la concertazione e la programmazione delle azioni da mettere in atto nell'immediato. Vi è quasi sempre il coinvolgimento dei MMG e dei PLS in particolare per gli studi da svolgersi su aree di piccole dimensioni per capire se la percezione del rischio da parte della popolazione è presente anche nei medici di base e se ha un fondamento. Viene quindi consegnata loro una scheda di rilevazione relativa alle patologie di interesse;
-7 Ricognizione dei dati ambientali già esistenti in ARPACAL riguardanti la zona oggetto di studio,eventuale esecuzione di ulteriori indagini sulle matrici che si sospettano inquinate:
-8 Raccolta dei dati di salute della popolazione riguardante i residenti nella zona oggetto di studio tramite le fonti istituzionali (dati di mortalità generale della popolazione dall’ufficio anagrafe comunale; dati di mortalità e di incidenza delle malattie da ASP ed ISTAT.)
-9 Georeferenziazione ( dove necessaria ), valutazione statistica, analisi;
-10 Relazione tra dati di salute e dati riguardanti lo stato delle varie matrici ambientali;
-11 Realizzazione del Report epidemiologico ambientale
Per alcune criticità interne, prima fra tutte la carenza di risorse umane, non è stato possibile per il Centro avviare in questi anni, di propria iniziativa, degli studi epidemiologici che riguardassero alcuni siti del territorio calabrese considerati ad elevato impatto ambientale e che meriterebbero particolare attenzione.
Le poche unità disponibili venivano e vengono utilizzate per lo svolgimento di studi necessari fondamentalmente a tranquillizzare diverse comunità allarmate.
In questi anni quindi l’attività del CERA, si è basata in particolare su interventi mirati - effettuati per lo più su richiesta degli enti locali o della magistratura o da comitati di cittadini o da associazioni ambientaliste – tesi a stabilire la presenza o meno, in un determinato territorio, di patologie umane in numero tale da rendere necessario un ulteriore approfondimento o la dichiarazione di un vero e proprio stato di emergenza ambientale.
Le richieste, quasi sempre, nascono dalla percezione di un aumento di patologie, per lo più oncologiche, legate ad un rischio ambientale non ben definito e riguardante ambiti territoriali ristretti come comuni o addirittura quartieri.
In particolare il CERA ha effettuato, in stretta collaborazione con i Servizi competenti delle ASP, rilievi epidemiologici, basati sull’elenco delle patologie umane, in alcuni comuni delle province calabresi, operando a supporto dei decisori amministrativi e fornendo i dati di significatività riguardo la possibile presenza di un numero eccessivo di patologie potenzialmente legate a stati di inquinamento ambientale.
Ciò è stato di particolare utilità – in caso di rilievo negativo – sia per tranquillizzare le popolazioni coinvolte, sia per evitare un ulteriore impegno delle forze tecniche e scientifiche dei Dipartimenti e dei Centri di ARPACAL nel verificare possibili fonti di inquinamento. In caso di rilievo positivo, tale attività sarebbe stata di grande utilità per indirizzare in maniera mirata il tipo di rilievo (aria, suolo, acque, radioattività naturale o artificiale, etc.) e consentire, così la restituzione di dati precisi nel più breve tempo possibile.
Il lavoro svolto dal Centro in questi anni, ha interessato più o meno territori e popolazioni appartenenti alle diverse province calabresi.
L'elenco che segue, indica per ciascuna provincia, i comuni dove il CERA ha effettuato o sta effettuando i suoi interventi richiesti dalla popolazione sempre per la percezione soggettiva di un rischio di natura ambientale per la salute:
Catanzaro:
Gimigliano, Cropani Marina, Catanzaro Lido
Cosenza:
Paola, Amantea
Crotone:
Scandale, Casabona
Reggio Calabria
Ravagnese, Casignana, Motta S.Giovanni, Africo, Cinquefrondi, Rosarno
Vibo Valentia:
Vibo città, Frazione Triparni, Rombiolo, Ioppolo, Serra S. Bruno, Dinami, Cessaniti, S. Calogero.
Considerando la complessità delle indagini di epidemiologia ambientale, spesso accade che le azioni intraprese nel corso dell'anno necessitano, per una corretta conclusione, di un lavoro costante ed ininterrotto che non si riesce ad esaurire entro un anno solare. Molte delle attività portate avanti in un determinato periodo di tempo sono in realtà attività avviate negli anni precedenti. I tempi di tali indagini, di per se già lunghi, si dilatano ulteriormente nella regione Calabria per la mancanza di Registri Tumori, di data-base dedicati alla ricerca epidemiologica generale ed ambientale, dalla mancanza di archivi informatici presso molti degli uffici anagrafe comunali, dalla mancanza di georeferenziazione degli indirizzi e l'impossibilità di effettuare record linkage, dalla varietà di situazioni e localizzazioni dei comuni che richiedono intervento, dalla scarsa collaborazione da parte delle ASP e dei medici di base a vario titolo coinvolti.
Per quanto riguarda questo ultimo aspetto, la mancanza ad oggi di una vera e propria rete epidemiologica Regionale, l'incertezza totale su un eventuale inserimento in essa del CERA e su quale potrebbe essere il suo ruolo, così come è stato invece definito da tempo in altre regioni, favoriscono probabilmente anche una certa diffidenza nei confronti degli operatori.
A tutto questo si deve aggiungere, nella fattispecie, la carenza di risorse umane assegnate al Centro.
Tali difficoltà influiscono sicuramente sullo svolgimento delle attività programmate. Per di più spesso in un anno solare bisogna avviare nuove indagini, non rientranti nella programmazione iniziale, in quanto c'è ad esempio la necessità di tranquillizzare la popolazione di un determinato territorio che ha la percezione di un aumento di patologie legate a fattori ambientali.
Per gli studi in piccole aree (frazioni, quartieri), in carenza di dati certi sulla prevalenza e l' incidenza delle patologie oncologiche, quasi sempre, ai fini di tranquillizzare le popolazioni interessate, si è concordato con i Dipartimenti Provinciali ARPACAL di effettuare indagini ambientali a largo spettro, non avendo alcuna precisa indicazione sulla matrice verso la quale indirizzare gli studi.
ATTIVITA’
- Indagine Epidemiologica Ambientale della frazione Triparni Comune di Vibo Valentia)
ATTIVITA’ 2017 - QUI il Resoconto delle principali attività svolte
Comunicazione, tumori e ambiente, Registro Tumori e Agenzia Regionale Protezione Ambiente: Il “caso Africo”